martedì 27 gennaio 2009

SOTTO UNA LUCE DIVERSA


L’aria nella stanza era elettrica e dolciastra. Contro la finestra socchiusa, James non era altro che una siluette scura. Seduto sul letto sfatto, ascoltava il ritmo incerto del suo respiro. I suoi occhi arrossati fissavano i sottili fasci di luce entrare obliqui dalle veneziane accostate, la polvere vi danzava dentro quasi guidata da una musica sorda.
Era una giornata di sole strano. Densa di una luce da comunione. La luminosità di quelle domeniche puzzolenti d’incenso, in chiese stipate di parenti in assetto da perbenismo. Splendidi i loro sorrisi indossati come mascherine da chirurgo, immersi in discorsi inutili atti a coprire travasi di invidie e frustrazioni, in diretta competizione con la bile. Abili ricercatori di tempismo comico, snocciolanti freddure sul tempo e sul lavoro che gli offre più grane che soldi. Domeniche ricolme di ragazzini a mani giunte, inespressivi nei loro vestitini da idioti, con i loro visini da idioti, sotto un taglio di capelli terribilmente da idioti.
James si passò una mano sulla testa, i suoi capelli non erano conciati tanto meglio. Non che il resto brillasse dello scintillio della bellezza. Magrissimo, le sue costole sporgevano come animali in cerca disperata di ossigeno. Il suo viso, scavato e pallido, addentava la sua autostima ad ogni riflesso sullo specchio.
La sua vita gli aveva lasciato segni ben profondi, messi in fila come le incisioni sul muro di un carcerato. Paranoico, spaventato e con una timidezza che gli si appoggiava addosso come il pappagallo di un pirata.
Nonostante l’afrore melmoso di decadenza che lo accompagnava, James metteva tutti di buon umore. Ancora gli risuonava nelle orecchie l’eco delle risate che la sua figura goffa sollevava ad ogni passaggio. Risate cattive, velenose, accompagnate da insulti e dita puntate come armi. Lame fatte di labbra distorte e denti smaltati, gli avevano inciso carne e anima come un tatuaggio estremo.
Sollevatosi dal letto con uno scatto deciso, il ragazzo inspirò fino a farsi bruciare i polmoni. Era inutile rimestare nel passato, era cresciuto ormai, ora sapeva come sistemare le cose, ora sapeva come guadagnarsi il rispetto.
Uscì dalla stanza con passo incerto, si sentiva pesantissimo nonostante il corpo sottile. Arrivato davanti alla porta del bagno rimase immobile. Con un nodo allo stomaco accese la luce. Il bianco pallido del neon gli ferì gli occhi, era diverso dalla luce strana fuori dalla finestra, niente domeniche clericali, niente parenti cenciosi. Immerso in quel pallore spettrale, solo il bianco delle maioliche, il giallo opaco delle righe di sporco nel lavandino, e il rosso acceso dell’enorme pozza di sangue sul pavimento. Al centro della pozza il corpo senza vita di una donna. James rimase a guardarle il viso, nonostante la devastazione lo trovava ancora bellissimo. L’amava, l’aveva sempre amata. Per lei aveva vinto la paura, la timidezza, l’ansia. Preso il coraggio a quattro mani, l’aveva invitata a casa sua. Quasi gli era scoppiato il cuore quando aveva accettato. Nonostante il silenzio, gli sembrò di avvertire una musica sottile nel pronunciare i suoi sentimenti. Ma lei aveva riso, come tutti gli altri.
Rimase a guardarla ancora un attimo, non voleva ricordarla in quel modo, ma era meglio di niente. James, quasi evanescente scomparve dalla porta del bagno per riapparirvi poco dopo. Aveva portato con se la borsa degli attrezzi. Dopo avervi frugato dentro ne estrasse un seghetto. Aveva fatto un po’ di ordine nella sua vita. Era il momento di sistemare anche quel macello.

2 commenti:

  1. tu crei tafferugli con mini-boe separatorie da piscina olimpica..e mi fai nuotare senza occhialini anticloro

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  2. Crudele.
    Tragico.
    Bello.
    Complimenti.

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