lunedì 30 marzo 2009

FUORI PIOVE


Fuori piove, e la tua immagine evanescente, sfuma in questa fitta nebbia da incensiera. Il tuo sorriso si accoccola come un ricordo accecante, lontano richiamo di aule scolastiche illuminate al neon. Nella mia tenebra vado tastoni con gli occhi aperti, e il rumore di quest’acqua pazza mi riempie come un travaso di fiducia.
Goccia dopo goccia, sfilo questa lama dal petto masticando il mio sangue. Quel che rimane non è poi tanto. Cocci aguzzi di forme strane, che raccolgo con due dita.
Sorrido ad imitazione della linea dell’orizzonte, dove ogni cosa acquisisce colori pastello al tramonto, tramutando queste schegge di tempo, in pallidi fantasmi di nostalgia. Ogni cosa scorre, come un fiume in piena, come la pioggia che muore nei torrenti ai bordi delle strade, tra foglie cadute e barchette di carta stagliate verso il domani.
Mi piaceva tenerti le mani, fredde contro le mie più fredde. Nelle nostre vene, spilli di fantasie strane, imitavano scene già viste. Lasciarti andare è un’amara rassegnazione, mi combatte come un pugile suonato. Ogni cosa perde sapore, ma non ho altra scelta che assaggiare.

Fuori piove. Mezzelune d’acqua orizzontali, si inseguono in verticale, sul vetro della mia finestra. Ogni singola goccia colpisce queste quattro mura, come proiettili di questa guerra silenziosa. L’odore dolciastro dell’aria che annega, mi riempie il respiro. Trattengo il fiato facendomi spazio in sguardi in cui non sono previsto, mordendo forte questo lembo di tempo, a cui non appartengo. Intanto piove, questo rumore bagnato, assorda il silenzio.

giovedì 12 marzo 2009

NELL'ESTATE


Mattina. Non molto presto a giudicare dalla luce che taglia la stanza. Non mi importa, da oggi posso permettermi di scavalcare le alzatacce. Sollevo la testa dal cuscino e sembra più leggera. La frangetta scura dei mie capelli, ricade come neve sui miei occhi. Osservo per pochi istanti il mondo attraverso linee nere. Muovo piccoli passi nella stanza vuota. Ogni passo strappa il silenzio come un tessuto vecchio e muffito. Tutto intorno a me ascolta. I miei giocattoli accatastati male, He man abbracciato a Skeletor, sarebbe un ‘idea. Rido e vado oltre. Raccolgo da terra un sussidiario da iniziare e un Dylan Dog da finire, ascoltando lo scalciare della mia voglia che si barcamena fra i due, vada per il fumetto e non se ne parli più. Tutto ha un odore diverso, leggero, carico di aspettative e buoni propositi, ammorba il mio presente già pieno di ciò che sarà. Entro in cucina con la testa piena di musichette da pubblicità. La mia colazione mi ricorda sapori che già dimentico. Lo sguardo sguscia fuori, nei i rettangoli azzurri di cielo tra le fronde degli alberi. La pioggia ha la consistenza di un ricordo che sbiadisce, di un viso che perde fisionomia, ma che riconosceresti tra milioni. Quando tornerà tutto questo sarà finito, ora è appena cominciato. Sosto davanti alla porta con le mani in tasca. Frugo l’interno con dita indagatrici, un inventario fatto di doppioni di figurine e sorprese smontate di ovetti di cioccolata. Abbassare la maniglia è impresa da poco, attraverso l’uscio l’estate mi guarda, io ricambio il favore. L’aria sottilissima mi scompiglia i capelli con il suo retrogusto già troppo caldo. Poso un piede oltre il gradino ed entro in quell’atmosfera dolce di crema abbronzante, in un boato di cicale.

martedì 3 marzo 2009

Poesia # 3

Siamo vento di mare,
brezza leggera dal
sapore amaro.

Ridiamo del nostro sole
e piangiamo della nostra
pioggia.

Siamo una trapunta
di rumore,
che culla e affonda.